mercoledì 23 novembre 2011

Un cappello pieno di ciliege


di Oriana Fallaci

"Ora che il futuro s'era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l'inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d'estate costituiva il mio Io." Così comincia questa straordinaria epopea della famiglia di Oriana Fallaci, una saga che copre gli anni dal 1773 al 1889, con incursioni nel passato (tra un'antenata leggendaria messa al rogo dall'Inquisizione per aver cucinato carne in Quaresima e un avo rapito dai pirati di Algeri) e in un futuro che precipita verso il bombardamento di Firenze del 1944, nel quale andrà distrutta anche la cassapanca con i cimeli delle generazioni di Fallaci, Launaro, Cantini, Ferrier... È una storia dell'Italia rivoluzionaria di Napoleone, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele II attraverso le avventure di uomini come Carlo che voleva piantare viti e olivi nella Virginia di Thomas Jefferson, Francesco marinaio, negriero e padre disperato, Giovanni assassino mancato del traditore Carlo Alberto, Giobatta sfigurato nel volto e nell'anima da un razzo austriaco durante la battaglia di Curtatone e Montanara; e donne indomite come la Caterina che alla fiera di Rosìa indossa un cappello pieno di ciliege per farsi riconoscere dal futuro sposo Carlo Fallaci, o come una bisnonna paterna di Oriana, Anastasìa, figlia illegittima, ragazza madre, pioniera nel Far West e forse tenutaria di un bordello a San Francisco. È il racconto di destini intrecciati e sommamente romanzeschi: la figlia segreta di un Grande di Spagna s'imbarca a Barcellona su un veliero danese diretto a Genova e incontra un nostromo livornese fino a quel momento misogino; un ex soldato di Napoleone, vetturale e carbonaro in incognito, accompagna la cognata sarta a Lucca e i ritardi e il maltempo lo spingono a passare con lei la notte in una locanda; un emissario della sventurata rivoluzione polacca affitta una camera, a Torino, presso un calvinista che i cattolicissimi polacchi li detesta fino a taglieggiarli, e soprattutto ha una figlia quasi in età da marito. Sono solo alcuni degli eventi che - catalizzati da quel "sentimento misterioso, inspiegabile, imprevedibile, incontrollabile, cieco, e spesso inopportuno, che chiamiamo Amore" - concorrono a formare il patrimonio genetico di Oriana. Dopo anni di ricerche, l'autrice ha visto la cronaca familiare trasformarsi in "una fiaba da ricostruire con la fantasia": "la realtà prese a scivolare nell'immaginazione e il vero si unì all'inventabile poi all'inventato... E tutti quei nonni, nonne, bisnonni, bisnonne, trisnonni, trisnonne, arcavoli e arcavole, insomma tutti quei miei genitori, diventarono miei figli. Perché stavolta ero io a partorire loro, a dargli anzi ridargli la vita che essi avevano dato a me". (by BOL)


Un romanzo splendido che va al di là del racconto autobiografico relativo alla storia della famiglia della Fallaci e che riesce a calare il lettore in epoche storiche anche abbastanza lontane dalle nostre proprio come se si fosse presenti. Io lo definirei un romanzo storico a tutti gli effetti, trasuda da tutti i pori l'amore per la 'storia' che questa donna aveva, con i suoi dettagli sempre molto precisi e che a tratti rendono persino il romanzo poco scorrevole, ma nell'insieme sono tutti particolari necessari, e il segreto per apprezzare al meglio questo romanzo è leggerlo tutto d'un fiato e certamente non metterci tanto tempo come ho fatto io...

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